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il blog di antonio d'amato

Festa del Lavoro 2018, le riforme servono al nostro futuro

1 maggio 2018

“Attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale: quando non si lavora, quando si lavora male…, è la democrazia ad entrare in crisi”. Tutti ricordiamo queste parole pronunciate solo qualche mese fa dal sommo Pontefice, Papa Francesco. Noi Cavalieri del Lavoro le sentiamo nostre.

Le ricordiamo bene ogni giorno, quando entriamo nelle nostre fabbriche vivendo quotidianamente, gomito a gomito con i nostri lavoratori, le sfide sempre più complesse che i mercati globali impongono alle nostre imprese.

Oggi si celebra in forma solenne la festa del lavoro che è il più grande patrimonio dell’uomo e che rappresenta l’unica via per ciascun individuo per conquistare libertà, autonomia e dignità, per realizzare se stessi e al tempo stesso contribuire alla crescita economica, sociale e civile del proprio Paese.

E nel celebrare oggi il lavoro, noi imprenditori ci sentiamo con orgoglio egualmente protagonisti con i nostri lavoratori di questo percorso di progresso personale e sociale.

Grande è quindi la nostra soddisfazione nel vedere oggi riconosciuti e premiati i Maestri del Lavoro, quei lavoratori che hanno con passione, lealtà, intelligenza e dedizione contribuito al successo della propria azienda e delle persone che hanno lavorato con loro.

La Festa del Lavoro è dunque certamente l’occasione per onorare uno dei valori fondanti della nostra Costituzione e della nostra Repubblica, ma deve essere, al tempo stesso, un momento di riflessione per ribadire come il lavoro, la creazione di buon lavoro, debba avere la priorità assoluta nelle scelte di politica economica, sociale e di governo del Paese. Un Paese, il nostro, che continua ad avere fame di buoni posti di lavoro.

Gli ultimi indicatori attestano un tasso di occupazione del 58 per cento: largamente insufficiente, ma comunque mezzo punto in più rispetto all’inizio del 2017. Permangono però, forti e insostenibili, i divari territoriali e la piaga dell’occupazione giovanile con un giovane su due che non ha un lavoro o non lo cerca.

Tra il 2015 e il 2017 sono stati creati circa 800 mila posti di lavoro. L’anno scorso, in particolare, il saldo tra assunzioni e cessazioni di rapporto di lavoro è stato attivo per 500 mila unità. Numeri positivi dunque, ma che non bastano ad assicurare quei livelli occupazionali che conferiscono una piena ed eguale dignità a tutti i cittadini italiani. Di fronte a questa grave emergenza sociale, il dibattito politico degli ultimi mesi, in una affannosa ricerca del consenso perduto, ha riproposto con insistenza ricette assistenzialistiche o passi indietro rispetto alle pur parziali riforme del mercato del lavoro, negando in maniera semplicistica e irresponsabile gli evidenti benefici prodotti da quelle riforme di flessibilità iniziate vent’anni fa con il contributo di Marco Biagi.

Da imprenditori, prima ancora che Cavalieri del Lavoro, non possiamo non sollevare qui un serio allarme sul rischio che una deriva così populistica possa imprimere alle prospettive di ripresa e competitività del nostro Paese.

La qualità della vita, il livello di reddito, la fiducia nel proprio futuro e nel futuro dell’Italia non miglioreranno con le promesse di improbabili e comunque insostenibili sussidi parassitari o con la reintroduzione di rigidità in un mercato del lavoro che, ancor oggi, continua ad essere troppo poco flessibile per poter offrire opportunità di impiego e di occupazione in un mondo che cambia così velocemente.

Signor Presidente,

lei stesso nel suo ultimo discorso di fine anno, nel ricordare agli italiani come il lavoro resti la prima e la più grave questione sociale, ci ha invitato a riflettere su quanto la parola “futuro” evochi incertezze e preoccupazioni.

E ci ha invitato anche a “preparare il domani” facendo i conti con la velocità delle innovazioni, col cambio di passo nel rapporto tra individuo e sviluppo, coi rinnovati stili di vita, col mutamento dei mestieri e dell’organizzazione delle produzioni.

È proprio questo il punto centrale sul quale si giocano le prospettive del nostro Paese, delle nostre imprese e dei nostri giovani.

Da sempre la storia dell’uomo ha dimostrato che lo sviluppo della conoscenza, l’evoluzione delle civiltà, il progresso scientifico e tecnologico hanno generato reali, significativi e tangibili progressi nelle condizioni di vita.

E certamente questo è stato realizzato mettendo in discussione, anzi in crisi, gli equilibri preesistenti. In questi ultimi decenni, con la esponenziale accelerazione della innovazione scientifica e tecnologica, il livello di obsolescenza del sapere quotidiano è ancor più accentuato e le certezze messe sempre più in discussione. Queste innovazioni e i conseguenti cambiamenti non possono essere ostacolati se non a rischio di esserne travolti.

La creazione del futuro può e deve essere governata, non certo negata. Per troppo tempo in Italia abbiamo cercato di opporci ai cambiamenti, immaginando di poter costruire delle monadi che potessero resistere immobili all’evoluzione del contesto globale senza renderci conto che il mondo andava avanti anche senza di noi.

Il nostro è un grande Paese, ricco di capacità di lavoro e talento imprenditoriale.

L’Italia ha tutte le potenzialità per tornare a intraprendere un percorso di crescita virtuoso, per fare passi avanti sul terreno del recupero di produttività e competitività, l’unica strada per mettere in condizione le aziende di creare lavoro, tanto, vero e buono.

Quella che noi Cavalieri del Lavoro torniamo a sollecitare è una grande assunzione di responsabilità da parte di tutti i ceti dirigenti del Paese, e in particolare in questo momento politico così delicato, un governo che metta in campo quelle riforme necessarie ad amplificare il talento di cui è ricca questa nazione.

Un governo che ci consenta di dare risposte ai bisogni sociali di oggi e soprattutto a quelli di domani facendo crescere la ricchezza, le opportunità di lavoro e la mobilità sociale.

Finalmente dopo una crisi così lunga e pesante si comincia a intravedere una prospettiva di ripresa e di crescita.

È un atto di grave irresponsabilità perdersi nei tatticismi e non cogliere questa opportunità.

Questo è il momento in cui bisogna saper mettere da parte gli egoismi particolaristici e saper proporre una grande prospettiva alle tante forze vive della nostra Italia, assicurando un futuro di opportunità ai giovani che si affacciano alla vita.

Celebrando questo Primo Maggio vogliamo dunque formulare a tutti i cittadini, a chi un lavoro ce l’ha, a chi lo cerca e a chi lo crea, l’augurio di riscoprire l’orgoglio di essere italiani.

Fieri e responsabili.


Discorso tenuto al Quirinale in occasione della Festa del Lavoro – 1 maggio 2018